Alterazione di memoria associata al dubbio nel disturbo ossessivo-compulsivo

 

 

GIOVANNA REZZONI

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 16 gennaio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Fino a 20-25 anni fa, l’idea di studiare con metodi neuropsicologici la cognizione di persone affette da disturbi psichici - allora distinti in nevrosi e psicosi - non era compresa nel suo valore di possibilità di acquisire conoscenza su un funzionamento psichico patologico, ma considerata un esercizio metodologicamente inappropriato o vissuta da scuole di psichiatria fedeli a particolari ortodossie teoriche e culturali[1], come un’invasione di campo da parte di esperti di deficit neurologici focali. Quei tempi, che sembrano tanto lontani a chi opera in istituti in cui si studia e si pratica una psichiatria scientifica, purtroppo sono ancora in parte attuali nella realtà di scuole che formano psicoterapeuti esclusivamente secondo principi e criteri ispirati a congetture e costrutti interpretativi elaborati durante il secolo scorso nei modi del sapere umanistico.

Al di fuori di queste eccezioni, la psichiatria accademica è oggi largamente concepita come una specialità medica che attinge a varie discipline e campi del sapere, che vanno dalla neurochimica alla psicologia, per cercare di comprendere e definire a vari livelli di osservazione, da quello molecolare a quello esistenziale, l’origine e l’evoluzione del funzionamento patologico a scopo terapeutico. Probabilmente in Italia vi è stato, in questa lunga fase di transizione avviata dall’abbandono dei modelli psicodinamici, un dominio della cultura che ha ispirato il Manuale Diagnostico e Statistico (DSM) della Società Americana di Psichiatria nelle sue ultime edizioni, a discapito dello sviluppo di nuovi modi e forme di ragionamento conoscitivo basati sulle più recenti acquisizioni. L’impiego dei metodi neurocognitivi e neuropsicologici può fornire un contributo e costituire uno stimolo per la riflessione fondata su dati sperimentali e per lo sviluppo di nuovi ragionamenti fisiopatologici.

Christy A. Olson, Cary R. Savage e colleghi hanno esaminato la memoria d’oggetto e di contesto nel disturbo ossessivo-compulsivo (OCD, da obsessive-compulsive disorder), impiegando un nuovo paradigma espresso in uno specifico test. L’analisi dei correlati neurali ha evidenziato interessanti differenze fra il gruppo delle pazienti[2] e quello delle volontarie fungenti da controllo, e indica che le alterazioni nella rievocazione di contesto da parte delle affette da OCD sono specificamente associate al dubbio sintomatico (Olson C. A., et al. Altered source memory retrieval is associated with pathological doubt in obsessive-compulsive disorder. Behavioural Brain Research 296: 53-60, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychiatry, University of Wisconsin-Madison School of Medicine and Public Health, Madison, WI (USA); Center for Health Behavior Neuroscience, Hoglund Brain Imaging Center, University of Kansas Medical Center, Kansas City, KS (USA); Kansas City Center for Anxiety Treatment, Overland Park, KS (USA); Department of Psychology, University of Kansas, Lawrence, KS (USA).

Una differenza capitale segna una separazione netta fra la commissione che definisce i criteri diagnostici del DSM e una scuola medica di psichiatria: la prima ha lo scopo di ottenere il migliore standard possibile per lo studio statistico; la seconda ha il fine di conoscere quanto più possibile il paziente per aiutarlo con maggiore efficacia ad affrontare il disturbo. Al di là delle critiche fondate e ragionate agli autori del DSM-5, per le quali si rimanda a quanto da noi pubblicato in passato[3], è importante sottolineare questo aspetto: se si scopre che un elemento della fisiopatologia del disturbo è responsabile di un’alterazione di memoria, non cambia nulla per la nosografia e il DSM, ma può cambiare molto per lo psichiatra in un’esperienza reale di rapporto con una persona affetta. Le preoccupazioni del paziente nel rilevare il difetto possono innescare circoli viziosi ansiogeni ed essere rapportate a cause erronee, che questi può ritenere verosimili sulla base di nozioni di cultura popolare o di conoscenze mediche relative a condizioni o malattie che non lo riguardano. Lo psichiatra, che conosce la possibilità di un tale disturbo mnemonico derivante dai processi indotti dal funzionamento ossessivo-compulsivo, può fondatamente rassicurare il suo paziente.

Il dubbio, che porta a tornare sui propri passi per verificare se si è chiusa la portiera dell’auto appena parcheggiata, è facilmente attribuito ad un banale problema di interferenza che ostacola il ricordo, ma se il tornare indietro, alzarsi dal letto per verificare se si è chiuso l’uscio di casa o se si è spento il computer riguarda una persona affetta da OCD, pensiamo subito ai meccanismi inconsci descritti dai manuali e trascuriamo l’aspetto relativo alla memoria. L’approccio di Olson e colleghi appartiene ad un filone di studi inteso proprio a colmare questa lacuna.

La ricerca più recente ha dimostrato che le persone affette da OCD presentano uno stile cognitivo particolare nella rievocazione, tendendo a privilegiare i dettagli rispetto al contesto più esteso o alla tematica di fondo cui i dettagli stessi appartengono. Poiché un certo numero di pazienti lamenta problemi di memoria che non hanno riscontro nel rilievo di deficit mediante i comuni test adoperati in neuropsicologia clinica, si è ipotizzato che il principale problema, non discriminato da tali esami, consista in una focalizzazione sull’oggetto a discapito del contesto da memorizzare.

Secondo numerose evidenze sperimentali, la memoria d’oggetto e la memoria di contesto si basano sulla registrazione di informazioni almeno in parte conservate in regioni distinte della corteccia prefrontale, della corteccia parietale e del lobo temporale mediale, e possono essere differentemente interessate dal particolare funzionamento frequentemente in essere in presenza di OCD. Olson, Savage e colleghi si sono prefissi lo scopo di verificare se realmente, come da alcuni ipotizzato, esiste in questi pazienti una ridotta prestazione nei processi che consentono di rievocare informazioni di contesto. A tal fine, hanno impiegato un nuovo strumento specificamente concepito per la valutazione discriminata delle due componenti della memoria visiva in questione: The Memory for Rooms Test (MFRT). Il compito fondamentale del test utilizza quattro stanze, in ciascuna delle quali sono raccolti oggetti da memorizzare, e prevede che il probando cammini attraverso le stanze provando a fissare (codifica) il ricordo di quanto vede, per poterne rievocare (recupero) i contenuti nell’esatta ripartizione. È stato previsto lo studio del cervello mediante neuroimaging durante la fase di rievocazione.

Studi precedenti hanno dimostrato in modo convincente che uomini e donne elaborano in maniera differente le informazioni di contesto. Sulla base di quanto emerso da queste osservazioni, Olson e colleghi hanno ritenuto opportuno, per questa prima sperimentazione, impiegare un campione di sole donne diagnosticate di OCD, al fine di ottenere una maggiore evidenza delle ipotetiche differenze fra persone affette e non affette.

Lo studio è stato eseguito su due gruppi di volontarie equivalenti per età (18-50 anni), lateralità (tutte destrimani), istruzione, abilità cognitive generali (stimate mediante test) e, naturalmente, sesso (solo donne). I due gruppi erano rispettivamente costituiti da 16 pazienti di OCD e da 17 donne non affette dal disturbo o da altre evidenti patologie. Ciascuna delle partecipanti è stata sottoposta alla MINI (Mini International Neuropsychiatric Interview) che, nel caso delle pazienti, ha confermato la presenza dei tratti che avevano determinato la diagnosi, e alla Wechsler Abbreviated Scale of Intelligence Vocabulary and Matrix Reasoning subtests, somministrata da un clinico esperto.

I due gruppi di partecipanti hanno eseguito il compito, attraversando le quattro stanze[4] e provando a ricordare il più possibile, e poi si sono sottoposti ad una prova formale di rievocazione durante la quale l’attività del loro encefalo è stata studiata mediante scansioni tomografiche in risonanza magnetica funzionale (fMRI, da functional magnetic resonance imaging).

Quanto è emerso, che di seguito si riporta in estrema sintesi, non ha mancato di suscitare qualche sorpresa.

L’accuratezza e la precisione del ricordo relativo alla collocazione di contesto - cioè il tipo di memoria per il quale si ipotizzava un deficit nelle pazienti ossessive - non hanno fatto registrare differenze significative fra i due gruppi. Le donne affette da OCD presentavano, ai quadri tomografici fMRI, una maggiore attivazione in rapporto al compito della corteccia cingolata posteriore (PCC, da posterior cingulate cortex)[5]. Tale rilievo, durante la corretta rievocazione del contesto, appariva come l’unica differenza con le donne non affette dal disturbo ed ugualmente in grado di eseguire esattamente il compito.

Nella rievocazione degli oggetti - anche in questo caso prove eseguite correttamente sia dalle pazienti che dalle volontarie fungenti da controllo - è emersa una differenza di funzionamento cerebrale significativa, che accomunava da una parte tutti le affette da OCD e dall’altra tutte le non affette. Nelle pazienti si è registrato un mancato o ridotto reclutamento di regioni che sono ordinariamente impiegate in tali compiti neurofunzionali: la corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC)/premotoria, la corteccia prefrontale mediale sinistra e regioni della corteccia parietale destra. Al contrario, nel gruppo delle persone non affette, tutte queste aree erano intensamente attive come ci si attendeva.

In breve, pur conseguendo per i compiti ideati dai ricercatori gli stessi risultati dei controlli, le affette da OCD hanno fatto registrare dei pattern di attività parzialmente diversi per le stesse operazioni mentali, con un maggiore impegno di PCC per la rievocazione di contesto ed una minore attivazione delle aree frontali e parietali per la rievocazione legata agli oggetti.

All’interno del gruppo delle pazienti, l’attivazione di PCC e DLPFC/premotoria era associata alle maggiori espressioni del dubbio patologico.

I risultati di questo studio, per quanto parziali e da verificare con altri test e su campioni più estesi di entrambi i sessi, depongono per l’esistenza di basi morfo-funzionali in parte diverse per i compiti di memoria nelle persone affette da OCD. Tale tipo di differenza anatomo-funzionale non sembra compromettere le prestazioni essenziali, ma verosimilmente espone l’informazione codificata all’incertezza, quando si attivano i meccanismi del dubbio patologico che sembrano in parte condividere il sostrato neurale.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la revisione e la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Giovanna Rezzoni

BM&L-16 gennaio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Tali ortodossie erano talora interpretate secondo forme che assomigliavano al pensiero ideologico.

[2] Più avanti si spiega perché il campione delle persone affette, e conseguentemente il gruppo di controllo, era costituito da sole donne.

[3] Si veda: “Viaggio nel DSM-5” pubblicato nelle “NOTE E NOTIZIE” a partire dal 30 giugno 2012.

[4] Soggiorno, Bagno, Cucina, Studio.

[5] La porzione posteriore, funzionalmente distinta da quella anteriore, della corteccia della circonvoluzione del cingolo che circonda il corpo calloso e le strutture in continuità con quelle dell’ilo cerebrale.